Perché il consenso a Salvini “tiene”?

Edoardo Riccio
4 min readJul 29, 2019

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Riflessioni sull’articolo del Professor Ricolfi (Messaggero)

Ho letto con molto interesse l’articolo pubblicato dal Professor Ricolfi sulle ragioni per cui Matteo Salvini “tiene” e si rafforza nei sondaggi nonostante la scarsa efficacia dell’azione di governo, un linguaggio poco consono al ruolo e scandali derivanti da possibili finanziamenti russi. In particolare, l’articolo si sofferma sulle ragioni per cui Salvini guadagni mentre Di Maio, che governa con lui, ha un linguaggio più moderato e istituzionale e appare forse più credibile a livello internazionale (per esempio voto Commissione) perde.

Le tesi del professore sono che Salvini sia riuscito a fornire alla Lega l’immagine del “Partito del Sì” relegando il M5S nella posizione del “Partito del No” e che lo stile di comunicazione da “uomo della strada” sia quello effettivamente più efficace per il target popolare a cui entrambi si rivolgono. Il tutto condito dal fatto che gli Italiani sono diventati talmente abituati agli scandali giudiziari che investono i politici (e spesso finiscono nel nulla) da dar poco peso alle indagini della Magistratura.

Personalmente, credo che in queste tesi stia certamente un pezzo di verità, ma la mia tesi è che le ragioni profonde siano altre:

  1. le opposizioni continuano ad essere inconsistenti. Forza Italia agonizza. Il PD è in preda all’ennesima crisi identitaria, con conseguenti liti interne (tra l’altro sempre tra gli stessi personaggi), e non è neppure esente da scandali più o meno grandi (non penso a Bibbiano quanto al CSM);
  2. il M5S ha dovuto nel tempo abdicare a tante delle sue battaglie storiche, come TAV e TAP, e si è sottomessa all’alleato su temi indigesti come l’immigrazione. Questo ha un forte impatto sulla base “dura e pura”;
  3. dove governa il M5S si è dimostrato incapace: a Livorno, a Roma e a Torino. Questo è gravissimo per un partito alle primissime armi che deve dimostrare di saper fare oltre che opporsi. Tutt’altro il track record della Lega, soprattutto a livello di regioni e comuni;
  4. mentre al governo del Paese tutti gli strali delle opposizioni verso la Lega si sono focalizzati sulla figura “dominante” di Salvini, che a sua volta è stato più spesso additato come “rischio per la democrazia” che per incapacità, la figura meno “dominante” di Di Maio non è riuscita a coprire le incapacità degli altri. Se uno naviga sui social Salvini è pericoloso, i 5S sono gli “scemi del villaggio” (Di Maio, Toninelli, Castelli, Grillo)

In sostanza quindi, a mio avviso, l’elettorato è ancora convinto che siamo alle schermaglie da campagna elettorale. Le boutade, i toni, le arringhe alla folla sui social da parte di Salvini non sono considerate parte dell’azione di governo, ma semplicemente una fase, lunga a piacere, per andare a elezioni e vincere con una maggioranza più coesa (Lega, FdI, Toti, pezzi di FI). E’ convinto che la Lega mostrerà poi il volto dei Fontana, Zaia, Giorgetti e che, al momento opportuno, saprà agire in modo efficace, lineare e forse persino più istituzionale. La mancanza di credibilità internazionale si pensa possa essere recuperata (ammesso che sia reputata credibile la comunità internazionale medesima). Il rischio della deriva autoritaria non è percepito (ammesso che poi in realtà la democrazia stia così a cuore alla maggioranza degli Italiani). In quest’ottica la Lega, oltre a guadagnare da quei pezzi del vecchio elettorato di CDX che mai si affiderebbero al PD, raccoglie voti dalla parte moderata del M5S. La base del M5S invece è delusa e se non trova adeguata copertura a sinistra da parte del PD si rifugia nell’astensione. Questo contribuisce tra l’altro a creare ulteriori traumi al PD stesso, che non riesce a decidere se spostarsi a Sinistra e inseguire i voti della base M5S o cercare di accreditarsi come unico partito “moderato”, alternativo a “populisti” e “sovranisti”.

Aggiungo, infine, che la fedeltà dell’elettorato ai partiti non ortodossi deriva anche dalla stanchezza per i messaggi istituzionali negativi veicolati da parte delle elite intellettuali e culturali. Il Paese vive una crisi estenuante, che dura da oltre dieci anni. Le radici sono profonde e certamente sono molti i cambiamenti da fare, ma uno stile comunicativo unicamente focalizzato su messaggi negativi (sacrifici, tagli, spread, ecc.) senza visione per un “traguardo ottimistico”, non solo non aiuta, ma alimenta ostilità. Professori che si augurano procedure di infrazione o impennate dello spread non si rendono conto di quanto questi messaggi acuiscano il distacco tra la gente comune e l’elite, a tutto vantaggio dei Salvini equivalenti.

Ovviamente la mia resta una tesi. Andrebbe testata con i numeri dei flussi delle Europee così come dei sondaggi, ma resto convinto che una opposizione seria nelle proposte, positiva nella comunicazione e credibile negli interlocutori riuscirebbe in breve tempo ad acquisire ampio consenso.

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Edoardo Riccio

Entrepreneur, Solution Enabler, with strong passion for politics, geopolitics, history, economics and business