Federer, la trinità e il migliore di sempre

Edoardo Riccio
4 min readJul 18, 2019

--

Divertissement

Federer ha perso. Federer meritava di vincere. Federer è il più grande di sempre e il trio con Nadal e Djokovic è ineguagliabile. Queste le cose che si sentono molto spesso e ora ancor di più dopo la bella partita di domenica. Che Federer sia un grande è scontato. Lo raccontano le statistiche, lo stile dentro e fuori dal campo (e anche quello per me fa parte del campione) e i match di venerdì e domenica. Giocare a quei ritmi, quegli scambi, sempre coi piedi dentro il campo contro le bordate di Djokovic e Nadal, cambiando angoli, ritmi e rotazioni è da fenomeno assoluto. Meritava di vincere? No. Ha perso lui la partita giocando malino i due matchpoint e i tre tie break. Djokovic, dopo aver perso il servizio sul 4–2, ha sempre giocato con coraggio i punti importanti e ha meritato. Penso anche che se Federer si fosse fatto contro-brekkare nel quarto set contro Nadal, avrebbe perso anche quell’incontro. E in questo sta il tallone d’Achille del campione che non è divino, ma umano. A Federer è spesso mancato il killer instinct. Gli veniva così facile vincere che forse non lo ha mai dovuto “allenare”, ma le oltre 20 partite perse con matchpoint a favore ce lo raccontano. Su tutte la finale di Roma del 2006, Wimbledon 2008, le finali US Open con Djokovic. Nulla mi toglie dalla testa che Sampras domenica avrebbe servito una solida prima e chiuso.

Tutti parlano di partita epica e incredibile. Sicuramente è stato un match thriller, soprattutto nel quinto set. E questa è in fondo la magia immutabile di uno sport che, pur evolvendo, non cambia nella sostanza: il duello tra due personalità, prima che tra due giocatori, con una componente tecnica incredibile. La sintesi tra pugilato e bellezza del gesto. Poi le partite sono più o meno epiche a seconda dei gusti e dei punti di vista dello spettatore. Per tanti il tennis attuale è sublime. Per me era molto più affascinante il tennis degli anni ’80 e ’90 dove racchette e superfici consentivano maggiori divari tra gli stili di gioco e addirittura costringevano gli stessi attori a recitare parti diverse (Borg e Lendl a Wimbledon vedevano la rete più di quanto non la frequenti Federer oggi). Quindi è naturale che per me McEnroe-Borg (’80), McEnroe-Connors (’82), McEnroe-Lendl a Parigi, varie Agassi-Sampras, persino Gomez-Agassi (‘90), restino più memorabili. D’altra parte oggi l’unico giocatore che si azzarda a fare sistematicamente serve&volley si chiama Dustin Brown e penso pochi sappiano che faccia ha.

Infine c’è la questione del trio ineguagliabile e del “più grande di sempre”. A riguardo si citano spesso i numeri di slam vinti, ma, a parte il fatto che Mr Laver ha vinto 11 slam rimanendo escluso dal circuito dal 1963 al 1968 (e nel 1962 e 1969 ha vinto, unico nella storia, due Grande Slam — contando i tornei tra i pro vanta 200 titoli complessivi e oltre 20 Slam), siamo certi che questi numeri raccontino tutto? Siamo certi che l’epoca di Borg, Connors, Nastase, Ashe, McEnroe, Vilas, Gerulaitis fosse inferiore a questa? Siamo certi che gli ’80 di Lendl, Connors, McEnroe, Wilander, Becker, Edberg fossero meno ricchi di campioni? E che dire degli anni ’90? A parte carriere molto più brevi (tolto Connors a 30/32 anni nessuno era ancora competitivo), siamo certi che non si vincesse meno a causa di maggior concorrenza? Ovvio, si può obiettare che la forza dei tre di oggi abbia annichilito gli avversari. Però se uno si diverte a guardare le statistiche delle settimane da numero 1 nota che Federer guida, ma la stragrande maggioranza di esse è concentrata in un periodo consecutivo che va dal 2004 al 2008 (che è il periodo in cui ha vinto 13 dei 20 Slam), mentre per esempio Sampras, secondo a non molta distanza (nonostante si sia ritirato a 31 anni) ha chiuso più stagioni al vertice ma ha molte meno settimane consecutive. Questo significa che c’era maggiore alternanza. Nel 2004–2008 Nadal vinceva tutto sulla terra ma non era ancora grande su cemento ed erba, Djokovic muoveva i primi passi. Gli altri erano i Berdych, Ferrer, Davidenko, Hewitt, Safin (poco dedito). Sampras si alternava da numero 1 con Becker, Edberg, Agassi, Courier, Kuerten. Gli altri erano Stich (vincitore di Wimbledon e Roland Garros), Kafelnikov o specialisti come Bruguera, Muster, Ivanisevic, Rafter. L’ultimo decennio è stato più combattuto con Murray, Del Potro (che ha giocato meno di quanto sia stato in infermeria) e la maturazione di Wawrinka, ma è mancato il passaggio generazionale. Dove sono i ragazzini sfacciati in grado di scendere in campo senza timori reverenziali? Chang che rimontava due set a Parigi con servizio dal basso a Mr. Lendl, Becker che a 17 anni vinceva Wimbledon, Mac che dalle qualificazioni andava in semifinale giocando alla pari con Connors? Kyrgios è l’unico che me li ricorda un po’ e infatti ha sempre vinto con Djokovic ed è ad una incollatura negli scontri diretti con Nadal. Ma altri?

Con questo non voglio sminuire il trio. Sono dei fenomeni. Osservo semplicemente come ogni epoca sia unica. I confronti con il passato sono affascinanti, ma soggettivi. Il “più grande di tutti i tempi” non esiste. Il tennis evolverà ancora, le carriere si allungheranno ulteriormente e i record attuali verranno battuti. Ma come oggi Federer non oscura chi lo ha preceduto, chi lo seguirà non toglierà nulla a quanto di immenso lui sta dando a questo sport.

--

--

Edoardo Riccio

Entrepreneur, Solution Enabler, with strong passion for politics, geopolitics, history, economics and business